Là dove la Valle Gesso alza la voce e si arrampica verso il cielo, le Alpi Marittime impressionano e disorientano per quei volti severi che incutono timore e soggezione. Rughe di roccia che si gettano nel vuoto fendendo l’aria e fissando con sufficienza il respiro del mare che si intuisce all’orizzonte. Gelas, Clapier, Maledìa. Tre giganti per carattere e personalità, capaci di custodire gli ultimi glacionevati dell’arco alpino nonostante i quaranta chilometri in linea d’aria che li separano dalla Costa Azzurra.
La Maledìa in particolare stupisce per quella sua fisionomia apparentemente inafferrabile. “Questo picco, che si vede benissimo dal Lago Lungo e dal Lago Agnel, forma una cresta molto acuta e tagliata quasi verticalmente, cosi che, da nord e da sud si presenta quale piramide tronca, dai lati molto ripidi; dall’est e dall’ovest invece (anche dal Clapier) perfettamente quale obelisco”. Così la descriveva Fritz Mader nel 1895 sul Bollettino del Club Alpino Italiano. La Maledìa, in effetti, stordisce per un ambiente spogliato di ogni orpello, nudo e crudo di fronte agli occhi e alla mente.
Il respiro selvaggio del tempo, qui, entra nel profondo, sottopelle. Incide la roccia, fende la neve e il ghiaccio agonizzanti sotto gli schiaffi del riscaldamento globale. Lontani gli anni in cui il Ghiacciaio della Maledìa proteggeva con un muro di dodici metri il sottostante Laghetto, raffinato nel suo portamento leggiadro che lo rende ancora oggi lo specchio d’acqua più elevato delle Alpi Marittime, grazie ai suoi 2.900 metri di quota.
Il Lago della Maledìa, dunque, langue, si deforma, prova a resistere. Si rannicchia nelle viscere di una montagna dal fascino recondito, vinta verosimilmente per la prima volta il 23 luglio 1895 dai francesi Elisa e Louis Maubert, accompagnati dalle immancabili guide Jean Plent e Jean Baptiste Plent, protagonisti assoluti con Victor De Cessole e Andrea Ghigo dell’alpinismo locale dei primi del Novecento. Uno specchio d’acqua dal fascino indescrivibile e dall’esistenza effimera, dunque, e forse anche per questo particolarmente “umano”.
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In questi spazi le indicazioni per raggiungere il Laghetto della Maledìa (la salita alla vetta è di tipo alpinistico con difficoltà stimate in PD/PD-).