Il Buco di Viso, primo traforo nella storia delle Alpi

Chi visita le Alpi di Cuneo per la prima volta e desidera sovrapporre ad eccellenze paesaggistiche e naturalistiche analoghe peculiarità storico-architettoniche, troverà senza dubbio nell’areale del Saluzzese una zona particolarmente invitante in tal senso, capace di amalgamare affascinanti scorci medievali ad itinerari escursionistici di primo livello.

Passeggiando ad esempio per le viuzze di Saluzzo alta, ci si renderà facilmente conto degli sfarzi artistici e culturali raggiunti nel corso del secoli dal suo Marchesato, gioiello socio-politico indipendente dal XII al XVI secolo, a lungo capace di tener testa in quanto a raffinatezza e lungimiranza addirittura al Ducato di Savoia, nettamente superiore per estensione e forza militare.

Una magnificenza che il Marchesato stesso ha saputo imprimere tanto nell’ambiente urbano, quanto nelle vallate limitrofe, agevolando l’opera di pittori fiamminghi come Hans Clemer (artefice della splendida Parrocchiale di Elva, in Valle Maira) o sostenendo lo sviluppo di infrastrutture pionieristiche come il celebre Buco di Viso.

Voluto fortemente da Lodovico II (filo-francese e ostile ai Savoia) al fine di incrementare e agevolare i traffici commerciali tra i due versanti alpini, il Buco di Viso venne realizzato tra il 1479 e il 1481, divenendo così il primo traforo alpino della storia e una delle più antiche opere di ingegneria civile d’alta quota.

Utilizzata per esportare vino, riso, canapa e olio di noce e per importare prevalentemente stoffe e cavalli, la breve galleria di circa 100m. scavata sotto la cresta del Monte Granero ad oltre 2800m. d’altitudine, rappresentò una valida alternativa al vicino Colle delle Taversette, la cui accessibilità era temporalmente inferiore per via delle valanghe e materialmente più difficoltosa per il ghiaccio e la maggior esposizione.

Valido corridoio viario anche per il commercio del sale, l’itinerario rimase in auge fino al XVI secolo, agevolando altresì il transito militare di cavalli e artiglieria. Chiuso poi dai Savoia tra il Seicento e il Settecento, il valico venne parzialmente riaperto dai valligiani locali nel corso dell’Ottocento, prima di subire infine apposite manutenzioni nel 1907, nel 1998 e, più recentemente, nel 2015, con la totale messa in sicurezza delle pareti interne e dei due ingressi esterni.