Oggi piove a Garessio, ma sono gocce soffici che scendono con delicatezza e che quasi si vergognano per gli schiaffi inflitti alla neve. Il Tanaro sonnecchia come in letargo in un letto apparentemente vuoto, ma è sufficiente chiudere gli occhi per rivivere il dramma di una alluvione imprevista e imprevedibile, che due mesi fa ha provato a soffocare ancora una volta il respiro della città.
Già, perché a Garessio ormai l’esondazione del Tanaro non è più un’eccezione. Lo è sembrata a molti in quel lontano novembre del 1994, quando il fiume si scrollò di dosso una quiete decennale seminando morte e distruzione nell’intero Basso Piemonte. Per qualcuno poteva ancora apparire tale nel novembre del 2016 dopo quattro giorni di pioggia incessante, con mezzo paese sott’acqua e decine di locali disastrati.
Di sicuro, però, nella testa dei garessini ciò che è accaduto il 2 ottobre scorso è parso fin da subito un’atroce normalità. Perché di fronte a piogge effettivamente eccezionali, la risposta del territorio è stata purtroppo la stessa: acqua, fango, lacrime e sudore. Ferite insopportabili che si sono aperte nel cuore di una pandemia globale, già di per sé responsabile di profonde lacerazioni a economia e servizi. L’inizio di un declino irreversibile per uno dei Borghi più Belli d’Italia, dunque?
Nient’affatto. Perché in meno di due mesi il Ponte Odasso (ignaro responsabile delle inondazioni in centro paese) è stato demolito e sostituito da una temporanea passerella pedonale e gran parte degli esercenti alluvionati ha rialzato braccia, serrande, orgoglio e negozio. Incontriamo Paolo Sappa, Presidente dell’Associazione Commercianti di Garessio, instancabile animatore e volontario cittadino. Ma soprattutto titolare insieme al fratello Valerio e all’intera famiglia dell’Azienda Agricola Cà del Duduro.
«Nel tardo pomeriggio di venerdì 2 ottobre sono venuto qui nel nostro spaccio aziendale di Via Vittorio Emanuele II. Il Tanaro era grosso e limaccioso, ma la situazione appariva sotto controllo. Poi d’improvviso vento, tuoni, fulmini e il fiume che ha preso ad innalzarsi a vista d’occhio. Sono tornato a metà serata con mia moglie Vanessa per cercare di mettere in sicurezza il locale, ma l’acqua stava già superando il ponte. Non ci ha dato materialmente il tempo di salvare i prodotti. Al mattino ci siamo trovati tutto sventrato con 170cm di acqua e di fango.»
Ma Paolo e Vanessa non sono le sole vittime della furia del Tanaro. In mezza nottata l’acqua distrugge o danneggia una ventina di esercizi commerciali tra negozi, bar, pasticcerie, studi tecnici e professionali. Qualcuno doveva ancora terminare di pagare il mutuo per i danni dell’alluvione del 2016.
«Dopo alcuni giorni ci siamo guardati negli occhi. Lì per lì la tentazione è stata quella di lasciar perdere tutto per sempre, inutile proseguire. Poi sono arrivate le rassicurazioni del Comune e della Regione sulla rimozione del ponte. Qualcuno ha preso coraggio, ci siamo rimboccati le maniche e oggi rieccoci qua. Mai arrendersi, mai fermarsi.»
I suoi occhi trasudano passione e ardore, per il lavoro e per il territorio. Nelle sue parole uno solo rischio: quello della semplificazione. Perché Paolo, Vanessa e famiglia hanno lavorato ininterrottamente per un mese, giorno e notte. E come loro tanti altri commercianti di Garessio che non si sono voluti fermare.
«Entro metà dicembre riapriranno altri due negozi alluvionati. Credo che con l’inizio del nuovo anno quasi tutti gli esercizi danneggiati avranno riaperto i battenti. Merito di ciascuno di noi, certo, ma soprattutto della solidarietà ricevuta a livello personale e istituzionale. Mi preme in particolare sottolineare la vicinanza dell’amministrazione comunale e del Sindaco, Ferruccio Fazio, che fin dalle prime ore dopo il disastro è stato in mezzo a noi con stivali e mantella a confortarci, ascoltarci, supportarci. Nonostante due alluvioni in quattro anni e una pandemia in corso, noi continuiamo a crederci.»
Di fronte a un entusiasmo così contagioso, è difficile dargli torto. Su Garessio, intanto, ha smesso di piovere e per trovare il respiro del Tanaro è necessario affacciarsi dagli scheletri del Ponte Odasso. Perché il futuro, dopotutto, passa anche dalle rivoluzioni storiche che abbattono muri o edifici apparentemente inscalfibili nella nostra memoria visiva.