Non esistono imprese ciclistiche senza ostacoli da superare, battaglie da vincere, fatiche da sopportare. Ma quando la strada su cui si corre è impregnata di lacrime e sudore fin dalla sua realizzazione, la storia si complica e sfuma tra le ali del mito. Già, perché il Colle Fauniera intimorisce da sempre, da quel 15 agosto 1939 quando sono iniziati i lavori di costruzione di una sterrata che doveva arrampicarsi tra le braccia del cielo. Il 17 settembre una prima nevicata. Nei giorni a seguire schiaffi di vento e di gelo. Due operai colpiti da congelamento, ma si continua controvoglia a lavorare in condizioni disumane fino al 29 ottobre.
L’anno successivo la strada è percorribile. Nel fango dei 2.481 metri della cima ancora sputi, lacrime e bestemmie. Una manutenzione straordinaria finanziata dallo Stato Maggiore dell’Esercito Italiano nel settembre 1957, poi la cura di quei tornanti sospesi nel vuoto che piomba sulle spalle della Provincia di Cuneo e del Comune di Castelmagno. Il Colle Fauniera è un capolavoro ingegneristico che trascende la storia e la sua manutenzione è diventata una promessa con il passato. Di fronte alle ferite dei temporali, della neve e della grandine, dunque, non si può rimanere impassibili.

Tra il 1985 e il 1990 Provincia, Comune e Comunità Montana uniscono le forze e fanno scorrere l’asfalto fino al Colle d’Esischie. Nell’agosto 1991 il cordone argentato raggiunge il Fauniera e si porta fino al Colle di Valcavera. Il gioiello d’alta quota ora luccica tra i monti della Valle Grana, pronto ad accogliere turisti, camminatori e curiosi. Ma la voce corre sommessa anche tra i ciclisti. Qualcuno si avventura, altri si arrendono, molti se ne innamorano. Il Fauniera e le sue pendenze scorrono di bocca in bocca, superano i confini della regione e arrivano in alto, agli organizzatori del Giro d’Italia. Dallo scetticismo al sopralluogo il passo è breve. Si può fare.
Sabato 29 maggio 1999, allora, quattordicesima tappa da Bra a Borgo San Dalmazzo. Cominciano i ventidue chilometri di salita e Gabriele Missaglia è da solo in testa alla corsa. Su quelle pendenze mai provate prima, però, arranca come tutti. Il Fauniera, in effetti, sfinisce cuore e anima per intensità e durata. Ma una parte d’Italia sgrana gli occhi e si aggrappa alla televisione di fronte a quella striscia d’asfalto che scivola tra pascoli e rocce graffiando il cielo. Si aprono i dizionari e gli atlanti, si localizzano Cuneo e Castelmagno. Si scopre, così, la magia delle Alpi Occitane.
A metà salita Marco Pantani si alza sui pedali e allunga. Dopotutto c’è una maglia rosa da strappare dalle mani di Laurent Jalabert. Ivan Gotti, però, non ci sta e lo segue metro dopo metro. Mancano cinquanta chilometri all’arrivo e il Pirata non insiste. I due scollinano insieme. Alle loro spalle arriva un ragazzo con la maglia rossa (della Saeco-Cannondale, ndr) e lo sguardo adolescenziale. Stanco ma non stremato. Consapevole, soprattutto, di come ad ogni salita corrisponda sempre una discesa. Respira, alza la zip e si invola verso il basso. Pennella le curve, sfiora i burroni, naviga a vista tra prati e asfalto. Sessanta, settanta, ottanta. Sfiora i centodue chilometri orari su una lingua d’asfalto che può essere inferno o paradiso.
Supera in volata Gotti e Pantani, raggiunge Missaglia e lo stacca sull’ultima ascesa di Madonna del Colletto. Poi, ancora una volta, si lancia in picchiata verso il basso e stravince all’arrivo di Borgo San Dalmazzo. Sulle rampe del Colle Fauniera, insomma, esplode il talento del “falco” ventiseienne Paolo Savoldelli. Nella sua discesa nessun margine di errore, nessuno spazio per la paura. Il talento è anche questo. A fine giornata Pantani si riprende la maglia rosa con 53’’ di vantaggio sullo stesso Savoldelli in classifica generale. Il Giro rimane suo fino al 4 giugno, Madonna di Campiglio. Il resto è storia nota.
Quanto al Fauniera, invece, ritorna parzialmente sulla scena ciclistica nazionale nel 2003 (con il transito al Colle d’Esischie nella Santuario di Vicoforte – Chianale), entrando definitivamente nel cuore di atleti e sportivi. Poi un graduale declino sotto i morsi dell’alluvione e gli schiaffi della politica nazionale, più dolorosi poiché pianificati. Nel 2013 la chiusura di alcuni tratti divenuti inagibili. Ma il territorio locale non si arrende e agisce affinché il patto con la storia non si debba interrompere. Nel luglio del 2014 la strada ritorna quindi transitabile grazie all’impegno del Comune di Castelmagno, dell’Unione Montana della Valle Grana e dell’Associazione Sportiva “La Fausto Coppi”. Da quel momento la competenza stradale passa definitivamente ai comuni di Castelmagno e Demonte.
Oggi il colle riposa in silenzio sotto gli ultimi brandelli di neve. Sulla cima un busto in marmo nero di Ormea, scolpito dall’artista romeno Benone Olaru, ricorda Marco Pantani. Le gesta di un campione, dopotutto, non possono che riecheggiare tra le braccia di un paradiso chiamato Fauniera.

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Le notizie qui riportate sono state tratte dal portale Castelmagno-Oc di Ezio Donadio, da “La Gazzetta dello Sport” e da “Il Foglio”.