L’elogio di una borgata: Chiappera di Acceglio

Una lingua di asfalto che scorre sinuosa tra rocce, boschi e borgate. Qua e là frazioni, baite e avamposti che resistono nonostante tutto a 1.000, 1.200, 1.500 metri di quota. La Valle Maira, si sa, è un’esperienza olistica e immersiva. Ogni momento del viaggio può trasformarsi in una méta e ogni méta riflette l’identità del viaggio a cui appartiene. In questa lunga incisione delle Alpi Occitane dove la velocità appartiene alla natura, si odono soltanto il fragore di una cascata e il respiro del vento. All’uomo non resta che guardare e ascoltare.

D’improvviso, poi, la strada tira il fiato nell’esatto momento in cui si spalancano gli occhi. Perché la vista di Chiappera non lascia indifferenti. Stupisce, disorienta, emoziona. Testimonia soprattutto come uomo e natura possano in realtà dialogare senza alzare la voce, giocare senza sopraffarsi a vicenda. Nell’aria profumo di un passato tirato a lucido che vive il presente e guarda al futuro con ottimismo, consapevole però di ciò che è stato. Una vita dura quella di fine Ottocento quassù a 1650 metri di quota, quando si emigrava in Francia in cerca di lavoro attraverso il Colle Sautron.

Ma d’altronde anche l’incanto alpinistico di Chiappera e delle sue montagne viene da lontano. Da quel 2 ottobre 1933, ad esempio, quando sul gruppo Provenzale – Castello si esibirono niente meno che Alberto I Re del Belgio, lo straordinario Giusto Gervasutti e l’irrefrenabile Aldo Bonacossa, Presidente del Club Alpino Accademico Italiano e della FISI. Legno e pietra, fiori ed erba, cielo e terra. È il dettaglio che fa la differenza, nell’arrampicata come in architettura. Non sono ammessi appigli mancati o materiali sbagliati. Chiappera ha imposto l’armonia con l’ambiente e con se stessa.

Un coriandolo di modernità alpina che rasserena e conforta, nonostante l’etimologia apparentemente impegnativa (Chiappera, come Chiapous, a indicare un territorio “coperto da pietrame rotto”). Un borgo, soprattutto, in cui vale la pena soggiornare almeno una notte per cominciare di nuovo a guardare e ad ascoltare. O più semplicemente per ritornare a sognare.