Pamparato, il gioiello della Valle Casotto dall’etimologia affascinante

La Valle Casotto sonnecchia ai margini orientali del territorio monregalese, connettendo la rispettiva pianura con la Valle Tanaro prima e la costa ligure poi. Un polmone verde eterogeneo, scelto non a caso anche dai reali di Casa Savoia che dal 1837 al 1881 trascorsero molti loro soggiorni estivi nella vicina Reggia di Casotto (già nel comune di Garessio), sorta in realtà come Certosa nel 1172.

Inserito in un ambiente incontaminato e custode di eccellenze artistiche come la Cappella di San Bernardo (la cui costruzione risalirebbe ai primi anni dell’XI secolo), il Castello dei Marchesi Cordero di Pamparato (attuale sede del Municipio), il ponte romano e l’imponente Parrocchiale di San Biagio, il caratteristico borgo di Pamparato si è oggi affermato soprattutto a livello enogastronomico, grazie agli omonimi biscotti (prodotti dall’azienda Lisbona-Tomatis addirittura dal 1923) e all’ormai celebre realtà casearia di Beppino Occelli, capace di trasformare e rivitalizzare l’intera frazione di Valcasotto.

Adagiato per gran parte sulla destra orografica del torrente, Pamparato ha poi saputo diversificare negli ultimi anni la propria offerta turistica, declinandola verso gli sport invernali (praticabili nel limitrofo comprensorio del Monte Alpet), verso i percorsi escursionistici (tra cui la variegata rete sentieristica promossa dall’Associazione Parpaiun) e verso le proposte culturali, tangibili soprattutto nella visita al Museo degli Usi della Gente di Montagna di località Serra.

Di indiscusso fascino, infine, l’etimologia del suo toponimo: secondo alcuni, infatti, questo deriverebbe dalla semplice fertilità del terreno (da “panis paratus”, appunto “pane pronto”), per altri, invece, troverebbe riscontro in un’antica leggenda, secondo la quale gli abitanti ormai allo strenuo per l’assedio dei Saraceni, inviarono al di fuori delle mura un cane con in bocca una pagnotta intrisa di vino, ad indicare un’assoluta abbondanza di viveri e sperando così di far desistere gli invasori.

Questi ultimi, esclamando “Habent panem paratum!” (“Hanno il pane condito!”), si sarebbero a quel punto effettivamente ritirati, delusi e affranti. Lo stemma comunale sembrerebbe quasi confermare quest’ipotesi, raffigurando proprio un cane con una pagnotta, una colomba bianca e un ramoscello d’ulivo in segno di pace.